La Collina degli Elfi

Dona ora

Le chiavi per il ritorno alla vita dopo la malattia: il Dott. Arcangelo Prete

Un’occasione di incontro e di confronto, un momento per ragionare di malattia e di guarigione, ma anche una vetrina su un mondo magico: tutto questo è stato il convegno “Il bambino malato di cancro e la sua famiglia: dalla cura alla riabilitazione psico-fisica”, organizzato da La Collina degli Elfi lo scorso maggio. Tra gli illustri relatori, il dott. Arcangelo Prete, Presidente AIEOP e Medico IRCCS presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

Dott. Prete, quali bisogni possiamo ritrovare in un bambino o in una bambina che affrontano la fase successiva a una malattia oncologica?

Sicuramente, il bisogno principale è il ritorno alla vita normale così come l’ha conosciuta prima dell’evento cancro. Chiaramente questa necessità cambia in rapporto all’età, ed è altrettanto ovvio che cresce con il pre-adolescente, l’adolescente ed il giovane adulto. In genere soprattutto in queste fasce si osserva una netta ribellione al proseguimento delle cure.

Per i ragazzi più grandicelli, finite le cure, il problema della malattia non sussiste più e il ritorno per i controlli è rifiutato e visto come ulteriore vessazione. È quindi necessario quindi coniugare i desideri di normalità del ragazzo (scuola, amici, uscite, magari anche qualche birra) con la ragionevole consapevolezza del fatto che non è ancora finita. Qui diventa fondamentale il supporto psicologico per i ragazzi ma anche per la famiglia che ormai, consentitemi, è “alla frutta” e non ce la fa da sola a fronteggiare queste situazioni.

Quindi possiamo dire che la famiglia gioca un ruolo importante in questa fase di recupero. È corretto?

Il ruolo della famiglia è fondamentale, così come lo è la ricerca della normalità per ogni suo membro (madre, padre, fratelli/sorelle, se ve ne sono). Questo vale soprattutto per i fratelli, che hanno vissuto una vera e propria sindrome di abbandono durante il periodo della malattia. I genitori, infatti, sono stati concentrati a riversare tutte le loro risorse sul figlio malato, e in termini di recupero questi aspetti devono necessariamente andare di pari passo. In caso contrario, i danni, anche fisici se non soprattutto mentali, possono essere maggiori di quelli provocati dalla malattia stessa.

Il modello Collina in questo senso rappresenta un’importante possibilità nel percorso di recupero – quali aspetti sono secondo lei i più significativi?

Sottolineerei proprio il coinvolgimento globale nel percorso di tutto il nucleo familiare. In altre situazioni si pensa solo al recupero dei ragazzi, perché i genitori si pensa che debbano farcela da soli o con il solo supporto psicologico, quando c’è. Un percorso che coinvolge invece l’intero nucleo familiare è sicuramente un percorso più virtuoso che offre maggiori possibilità di successo.

Un altro punto chiave è lo stare all’aria aperta. Dopo mesi, anni, di chiusura in stanze ed in ospedale, l’aria aperta, la possibilità di prendersi cura a loro volta di altri (animali) e di farlo insieme ad altri (altri ragazzi, operatori, la famiglia), rappresenta un momento privilegiato.